La grotta si trova nel quartiere di Catania Barriera-Canalicchio.
Una parte della grotta era conosciuta, tanto da essere utilizzata come rifugio antiaereo durante la Seconda Guerra Mondiale, ma il suo interesse paletnologico è iniziato nel 1990 quando se ne scopri la sua prosecuzione a causa del progetto del collettore fognario che riguardava la zona nord di Catania. Da quel momento inizia il suo processo di valorizzazione quando negli anni 1992 e 1993 la Soprintendenza di Catania inizia i primi rilievi.
Con i suoi 400 mt di lunghezza, resta tutt’oggi la maggiore tra le grotte etnee a bassa quota e risulta non avere quasi subito danni o disturbi dal momento del suo abbandono in età preistorica. La grotta comprende un’unica galleria articolata in diverse sale e corridoi, con strettoie e crolli nella sua estensione con un ramo secondario di difficile accesso. Le suddivisioni della grotta hanno una corrispondenza con i diversi usi cui fu adibita nella preistoria.
La grotta ha due ingressi alle due estremità, quello più antico attualmente è murato, quello accessibile si trova in via Petralia ed è stata la parte della cavità utilizzata come rifugio all’inizio del secolo scorso.
In questa parte della grotta gli scavi hanno restituito poche testimonianze del Bronzo Antico siciliano (soltanto un’anfora carenata di tipo castellucciano etneo e più avanti, nella zona interessata da una frana, frammenti di un boccale dipinto).
Attraverso un foro si accede ad una galleria, dai rinvenimenti di materiale osteologico si deduce che questa parte della grotta venisse utilizzata per le sepolture, accompagnata da materiali ceramici come ciotole, vasi, brocche e grossi vasi chiusi con in superficie tracce di bruciato che fanno supporre il loro uso come “lucerne”.
Continuando lungo questa parte della grotta riservata alle sepolture in età preistorica, verso l’ingresso allora principale adesso murato, i ritrovamenti fanno dedurre l’utilizzo della cavità per le cerimonie funebri. In questa zona sono state ritrovate brocche frammentarie (un grande bacino troncoconico acromo su piede) e una piccola brocca priva del collo.
Nel suo complesso, l’aspetto archeologico di questa prima tratto della grotta può essere ricollegato e databile alla fine dell’età del rame.
La seconda parte della grotta è caratterizzato da uno sprofondamento della galleria principale dovuto ad un flusso di lava secondario a diversa quota, battezzato dagli speleologi “Ramo azzurro”.
Di lì in avanti la natura dei ritrovamenti archeologici è stato abbondante, grosse schegge laviche e ciottoli quazerenitici, cessano i ritrovamenti di ossa umane, diventano invece abbondanti le ossa di animali e compare anche qualche strumento litico completo e alcune fuseruole. Questo fa dedurre un utilizzo in età del Bronzo della grotta di tipo agricolo-pastorale.
Dati gli studi e i ritrovamenti nella grotta Petralia risulta la sua molteplicità delle sue funzioni da funeraria a rituale e infine abitativa.
Il territorio etneo rappresenta con la sua montagna (il vulcano Etna) e i bacini fluviali un landascape archaeology di notevole importanza e interesse, che ha dato vita nel tempo a raffigurazioni iconografiche, miti e leggende immobili nella memoria umana di civiltà che si sono succedute attorno al vulcano.
L’etna in ogni tempo: meraviglia, terrore, scongiuri, morte, ri-nascita. Non per niente in Sicilia “di Mungibbeddu tutti figghi semu” (Prof. Vincenzo La Rosa)